L'industria delle costruzioni ha molti anni di crescita alle spalle

Dopo un primo semestre del 2022 in cui il settore dell’edilizia ha determinato una notevole crescita del PIL con un +5,5%, l’inizio del 2023 sembrerebbe più incerto. L’incertezza è data anche dal conflitto Russia Ucraina che ha creato non poche tensioni e blocchi commerciali, con ricadute negative sui comparti produttivi. All’interno di questo contesto, appare cruciale l’evoluzione degli investimenti nel mondo delle costruzioni che, ricordiamo, da circa due anni è stato il motore principale dell’economia italiana.

Nel 2022, gli investimenti in costruzioni (al netto dei costi per il trasferimento di proprietà), secondo l’ANCE, ammontano a livello nazionale a 176.614 milioni di euro. Rispetto all’anno precedente, si stima un ulteriore e significativo incremento del +12,1% in termini reali (+15,4% in valori correnti), sintesi di aumenti generalizzati in tutti i comparti.
 

L'edilizia residenziale è il settore delle costruzioni più importante

Questo incremento testimonia un dinamico recupero degli investimenti destinati alla creazione di nuove unità abitative e segnala una prospettiva altamente positiva per il settore del rinnovamento edilizio. In particolare, i fondi destinati alla costruzione di nuovi immobili nel 2022 hanno toccato quota 17.108 milioni di euro, evidenziando una progressione aggiuntiva di +4,5% in valori reali e +7,6% in termini nominali. Questa tendenza positiva si lega alla buona performance nell'ottenimento dei permessi di costruzione dal 2016, se si esclude la flessione del 2020, che ha visto un calo del -11,2%.
 

Situazione e prospettive del settore delle costruzioni nel 2023

La proiezione delle valutazioni settoriali per l'anno 2023 non può però ignorare l'esame del quadro economico complessivo, che sta manifestando indizi di un rallentamento nel suo sviluppo.

L'ambiente macroeconomico dell'economia italiana è immerso in un'incertezza eccezionalmente alta, come evidenziato dal sondaggio sulle previsioni di inflazione e crescita effettuato tra la fine di agosto e metà settembre 2022 dalla Banca d'Italia. Da questo sondaggio, emerge che più di un quarto delle aziende crede che l'incertezza legata a fattori economici e politici e i prezzi elevati delle risorse energetiche prime rimarrebbero come ostacoli principali alla crescita produttiva.

A ciò si somma il fatto che il 60% delle imprese manifatturiere e di servizi, e un significativo 85% di quelle nel settore delle costruzioni, indicano pressioni sulle catene di approvvigionamento e problemi correlati al prezzo dell'energia. Le cause possono essere attribuite a vari elementi, tutti esacerbati dalle tensioni geopolitiche con la Russia, come l'aumento vertiginoso dei prezzi dell'energia e il suo impatto sui costi dei fattori di produzione, la mancanza di materie prime e i ritardi nelle forniture, l'inflazione e l'incremento dei tassi di interesse. In un contesto simile, l'ANCE prevede per il 2023 un calo degli investimenti nel settore delle costruzioni del -5,7% rispetto agli alti livelli raggiunti nel 2022.
 


Dati di occupazione nel settore edilizio

I dati dell'Istat sull'occupazione hanno seguito questa tendenza: nel primo semestre del 2022, il numero di lavoratori nel settore delle costruzioni si aggirava intorno a 1.550.000, rappresentando il 25,2% della forza lavoro industriale complessiva e il 6,2% del totale dei lavoratori a livello nazionale. In confronto alla prima metà dell'anno precedente, si registrava un ulteriore aumento del 10,2%, il più alto tra tutti i settori economici (l'aumento complessivo della forza lavoro a livello nazionale è del +3,6%). Questo incremento segue una tendenza di crescita già significativa osservata nel 2021, con un +7,7% di occupati su base annua.

Lo sviluppo dell'occupazione nel settore negli anni recenti mostra però segni di rallentamento. L'occupazione nel settore delle costruzioni, infatti, cresce sempre più lentamente, non consentendo ancora di recuperare dalla profonda crisi settoriale degli ultimi dieci anni, durante la quale sono stati persi più di 600.000 posti di lavoro.

Nonostante gli sforzi quindi, la ripresa occupazionale non è ancora sufficiente per compensare tali perdite.