Partite Iva apri e chiudi: cosa sono

Extracomunitari e non solo: il fenomeno delle partite Iva apri e chiudi riguarda tutte le etnie. È cominciato da qualche anno, grazie all'inaugurazione del regime forfettario, che consente ai possessori di nuove partite Iva di accedere a un sistema fiscale agevolato, versando il 5% delle imposte per i primi 5 anni, a patto di collezionare fatture per un massimo di 60.000 euro ogni 12 mesi.
Superata questa soglia, il regime fiscale diventa ordinario ed è qui che cominciano i problemi. Fatta la legge, trovato l'inganno: così l'ostacolo è stato aggirato semplicemente chiudendo la partita iva. Il copione si ripete: viene aperta una nuova partita Iva, si fattura per somme ingenti ma non si pagano mai le tasse perché, di fatto, cessando l'attività si diventa irrintracciabili.

 

Partite Iva apri e chiudi: dove sono gli evasori

Lombardia (29%), Lazio (21%), Campania (14%), Toscana e Veneto (entrambi all'8,5%), Emilia Romagna (2,8%), Marche (0,4) e Umbria (0,2%) sono le regioni dove si concentrano i titolari della partite Iva fraudolente intercettate dall'Agenzia delle Entrate e chiuse forzatamente. Tre regioni su 21 sono rimaste immuni ai controlli: la Valle d'Aosta, il Trentino Alto Adige e la provincia autonoma di Bolzano.
La Basilicata ha registrato solo 1 chiusura. Sardegna, Umbria e provincia autonoma di Trento ne hanno collezionate 3, 4 sono quelle in quota a Marche e Calabria.
Quindi, le cifre acquistano uno zero: 18 le partite Iva chiuse in Piemonte, 19 in Puglia e Molise, 22 in Friuli Venezia Giulia, 28 in Abruzzo, 35 in Emilia Romagna e Sicilia e 38 in Liguria. Le restanti regioni contano chiusure a due zeri: 105 in Veneto e Toscana, 166 in Campania, 254 in Lazio e ben 359 in Lombardia, la regione più fraudolenta in assoluto.

Si tratta solo del primo raid di accertamenti. Tempi duri per i professionisti dell'evasione, passati allo scanner di un sofisticato software al quale è pressoché impossibile sfuggire.

 

Partite Iva apri e chiudi: come scattano i controlli

Ma come fa il Fisco a sapere chi cercare? In realtà, tutto è molto automatico. Il direttore delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha firmato a maggio scorso un provvedimento che fissa i criteri dei profili a rischio. Criteri che sono stati inseriti in una sorta di colossale motore di ricerca dell'Agenzia delle Entrate, restituendo un fitto elenco di numeri di partite Iva da controllare.
La prima tranche di indagini si è concentrata sulle attività aperte e chiuse nel giro dei primi mesi del 2023, adesso si apre la seconda fase che si focalizzerà sulle partita Iva aperte tra il 2021 e il 2022, che abbiano emesso fatture per importi cospicui. Cinquecento, in tutto, i profili da osservare con la lente d'ingrandimento per un totale di oltre 2 miliardi di euro di fatture emesse. Il Fisco potrà procedere a cessare le partile Iva considerate a rischio di evasione, ma i titolari potranno, comunque, chiedere all'Agenzia delle Entrate un nuovi numero. Il procedimento, però, sarà tutt'altro che semplice.

 

Quali sono i profili a rischio?

Nel mirino del fisco finiscono i possessori di partita Iva che:

  • sono richieste da un soggetto critico
  • non hanno requisiti imprenditoriali 
  • si riferiscono a tipologie di attività sospette
  • hanno un profilo contributivo dubbio.

Ma dov'è che il software del Fisco pescherà le informazioni e, soprattutto, quali sono i dati che si cercano? Si attingerà:

  • nella banca dati dell'Agenzia delle Entrate
  • nelle banche dati pubbliche e private
  • tra le segnalazioni provenienti da altri Enti.

I contribuenti vengono considerati a rischio se:

  • sussiste il sospetto di evasione fiscale sistematica
  • sono titolari di una partita iva che, nonostante il ciclo di vita estremamente breve, ha emesso fatture per importi ingenti.

 

Partite Iva apri e chiudi: cosa accade dopo

La manovra 2023 prevede un'ultima possibilità per i possessori di partita Iva "indagati": secondo l'articolo I (commi 148-150), l'An+genzia delle Entrate deve convocare i titolari e chiedere spiegazioni. A questo punto il titolare dell'attività avrà due strade: presentarsi e fornire i documenti che attestano la liceità delle operazioni oppure non presentarsi. In questo caso, la partita Iva verrà chiusa d'ufficio. Ma non finisce qui. 
A ogni chiusura coatta corrisponderà una sanzione salatissima: 3.000 euro.

Non è ancora tutto. Dopo aver pagato la multa, il titolare di una partita Iva cessata d'ufficio potrà, infatti, richiedere un nuovo numero, ma dovrà osservare una serie di condizioni. La prima, imprescindibile è, infatti, la presentazione di una fideiussione bancaria della durata di almeno 3 anni e per un importo di almeno 50.000 euro.
Almeno, perché qualora le indagini dovessero verificare che il titolare ha commesso reati per somme superiori a 50.000 euro, l'importo della cauzione dovrà essere pari all'ammontare totale.